Mons. Pietro Corazza (Pramaggiore, 10 settembre 1904 - San Vito al Tagliamento, 21 marzo 1991)
Mons. Pietro Corazza, nato a Pramaggiore il 10 settembre 1904, fu ordinato Sacerdote ad Aviano dal Vescovo Mons. Luigi Paulini il 7 luglio 1929. Fu cappellano a Cordenons nel 1929 e successivamente ricoprì lo steso ruolo a San Vito al Tagliamento dal 1930; Insegnante in Seminario nel 1931, contemporaneamente prestò il suo ministero a Rorai Piccolo. Assistente diocesano dei Giovani di Azione Cattolica il 1° aprile 1932, il 10 settembre 1936 fu nominato Pievano Arciprete di Aviano. Divenne arcidiacono di San Vito al Tagliamento il 31 ottobre 1942. Fu per molti anni Vicario foraneo e presidente della Società di mutuo soccorso tra il clero. Dal 1959 è stato Esaminatore prosinodale e dal 1968 membro della Commissione amministrativa del Seminario e Parroco consultore. Prelato d'Onore di Sua Santità e Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica. È stato Parroco-Arcidiacono di San Vito al Tagliamento fino al 30 agosto 1980, avendo presentato rinuncia alla Parrocchia al compimento del 75° anno di età, come prevede il Codice di Diritto Canonico. Il Vescovo tuttavia lo confermò Presidente a vita della Casa di Riposo parrocchiale, da lui fondata nel 1947, e dove trascorse in piena attività gli ultimi anni.
Mantenne la presidenza effettiva fino al 12 febbraio 1990.
Dopo due mesi di sofferenze, ma con una brevissima agonia, si spense alle ore 11.10 di giovedì 21 marzo 1991.
Mantenne la presidenza effettiva fino al 12 febbraio 1990.
Dopo due mesi di sofferenze, ma con una brevissima agonia, si spense alle ore 11.10 di giovedì 21 marzo 1991.
dal libro: La Casa di Riposo di San Vito al Tagliamento nel 40° di Fondazione 1947-1987, di Mons. Pietro Corazza
La Casa di Riposo di San Vito al Tagliamento ha raggiunto il 40° anno dalla fondazione. Ebbe inizio infatti il 10 febbraio 1947. Dopo il tributo di riconoscenza e di amore rivolto a Dio per avere ispirato l'idea di promuoverla e di averla accompagnata costantemente con abbondanti grazie nella sua modesta origine e nel suo promettente sviluppo, è giusto che l'intera Comunità di San Vito al Tagliamento festeggi solennemente questo avvenimento storico. Non è infatti una cosa trascurabile per la nostra cittadina avere una Casa di Riposo. Essa consente una particolare assistenza agli anziani che sono tanto bisognosi, spesso isolati ed in buona parte non autosufficienti. Una popolazione fervidamente cristiana come la nostra avverte I 'impellente dovere di aiutare i bisognosi e gli ammalati, ben sapendo che quanto si fà per ognuno di essi, è come lo si facesse a Gesù. Ma significativi, gli episodi più importanti che accompagnarono il sorgere e l'evolversi in una continua crescita della nostra Casa di Riposo. Ai Sanvitesi farà sicuramente piacere una memoria storica, perché essi amano questo Ente, che è frutto anche della loro costante e generosa carità. Far conoscere ai posteri quanto è stato fatto dalle origini in poi in periodi economicamente molto difficili è un giusto riconoscimento all'innegabile merito di quanti operarono nel passato ed uno stimolo positivo per seguirne l'esempio. Tanto più che la nostra Casa di Riposo, per essere all'altezza delle esigenze del tempo, ha bisogno di costanti aggiornamenti, onde offrire agli assistiti un soggiorno degnamente conforme alle loro necessità.
L' idea della Casa di Riposo
Entrai Arcidiacono di San Vito al Tagliamento l'8 dicembre 1942. eravamo in guerra. Tempi duri e difficili per tutti. Ma a San Vito ebbi subito l'impressione che una parte discreta della popolazione si trovava in difficoltà economiche notevoli. Ne ebbi una prova assai convincente dal numero incredibile di quanti suonavano il campanello per ottenere l'elemosina. La giornata fissata per tale operazione era il sabato e le persone che la chiedevano erano sempre più di una sessantina. E la guerra continuava, aumentando i disagi particolarmente per i poveri. Un pomeriggio rientravo in casa dopo la visita ad alcuni ammalati e, sulla spalliera del ponte che unisce via Roma e via Cesarini, proprio nei pressi della Canonica, incontrai un certo Giobatta Colussi che, appena scambiato il saluto, mi disse perentoriamente: «Monsignore, quando lei si prenderà cura di noi poveri?» II significato ed il modo con cui tale domanda mi fu rivolta, m'impressionarono fortemente. Mi intrattenni con lui per conoscere meglio la sua situazione. Abitava in una soffitta a Fontanis assieme al suo fratello Egidio, senza riscaldamento, entrambi vecchi e privi di ogni risorsa, vivendo con i frutti dell'elemosine. Lo invitai a venire liberamente in casa mia ogni volta che avesse bisogno e, per il resto, dissi le difficoltà del momento che stavamo attraversando e che lo stato di guerra impediva ogni iniziativa valida a migliorare le condizioni degli indigenti. L'assicurai però che la sua invocazione non era caduta invano e che avrei fatto l'impossibile per attuarla, con l'aiuto di Dio, appena possibile. Nell'aprile del 1945 la guerra finalmente terminò. I disagi economici della popolazione, a mano a mano, andavano scomparendo anche in virtù degli aiuti americani, che si rivelarono veramente provvidenziali. In me era sempre viva la invocazione del povero Giobatta Colussi. Tormentato da questo pensiero, incominciai a parlarne con qualcuno dei miei parrocchiani, che pensavo potesse mettere a mia disposizione le sue risorse di mente e di cuore.
L'Arcidiacono illustrò a tutti la necessità di costruire a San Vito la Casa di Riposo. Fece presente che si era costituito, allo scopo, un Comitato provvisorio e che l'idea diffusa tra la popolazione aveva ottenuto largo consenso. Però al Comitato era sembrato giusto che dell'iniziativa ne fosse promotrice l'autorità civile, in quanto a nome del Comitato, era ben lieto di offrire all' Amministrazione Comunale l'opportunità di valutare la proposta. Assicurava la propria collaborazione e quella di tutti i componenti il Comitato per sostenerne la realizzazione. La discussione fu lunga e animata, ma la riunione si concluse con un nulla di fatto. Di fronte alle evidenti difficoltà che l'iniziativa presentava, il Sindaco ritenne di declinare la proposta in quanto I'Amministrazione Comunale non era in grado né aveva la volontà di assumere un impegno così rilevante. Vincendo il pessimismo che si era diffuso, Monsignore Arcidiacono disse che tutte le iniziative, anche le migliori, trovano difficoltà nella loro realizzazione, ma che noi cristiani confidiamo nell'indispensabile aiuto del Signore, senza del quale nulla di buono avremmo potuto fare e incoraggiava i membri del Comitato e tutti i volonterosi a riprendere, con rinnovato entusiasmo, le loro prestazioni per ottenere il desiderato risultato. E si incominciò a pensare in quale posizione doveva essere edificata la Casa di Riposo. Si presero contatti con i Conti Zoppola per avere da loro il terreno necessario allo scopo. Ma i pareri non erano unanimi. Nel frattempo il perito Piero Dean fece sapere che si prospettava pure una nuova soluzione. Si trattava della villa di Ilo Polo, trasferitosi a Padova con la famiglia, dove aveva notevoli e promettenti interessi. Di questa villa merita senz'altro che si dica qualche cosa, giacché, in origine, era proprietà del compianto Monsignore Gian Domenico Coccolo. Costui apparteneva alla ben nota famiglia Coccolo, esercitanti il commercio; di ottime qualità morali e di notevole intelligenza, ebbe la vocazione e fu ordinato Sacerdote. Ben presto si trasferì a Roma ed ebbe un ruolo notevole in attività particolarmente dirette all'assistenza degli emigranti. Di lui si parlava come di un probabile Vescovo, perché ne aveva tutte le doti. Invece fu colpito da una malattia incurabile che gli impedì di attendere alle sue attività consuete, costringendolo a trascorrere il suo tempo tra la poltrona ed il letto. Gli ultimi anni fu ospite nella sua villa di San Vito e qui si spense, suscitando largo cordoglio. Della sua villa, con circa 10.000 mq. di terreno adiacente, fece un lascito al Vescovo della Diocesi perché la potesse adibire a Casa del Clero invalido. È giusto ricordare che, tra il Clero Concordiese, esisteva la Società di Mutuo Soccorso, fondata nel 1903, e che nell'articolo primo dello Statuto contemplava la fondazione di una Casa di Riposo per il Clero. Forse i tempi non erano ancora maturi per una tale realizzazione, e il Vescovo alienò il lascito al prof. Masotti, Primario Chirurgo dell'Ospedale di San Vito. Dopo alcuni anni il prof. Masotti vinse un concorso a Roma e vi si trasferì con la famiglia e vendette la villa al sig. Ilo Polo. Con quest'ultimo il perito Piero Dean trattò l'acquisto, e l'affare, con generale soddisfazione del Comitato provvisorio, e dell'intera Comunità, venne concluso. Così la villa del compianto canonico Domenico Coccolo, diventava la sede della nostra Casa di Riposo. AI signor Ilo Polo dovemmo versare l'importo di Lire 2.000.000, dal quale egli defalcò la somma di Lire 100.000 in memoria del suo fratello Ario, fucilato dai tedeschi perché partigiano. E come abbiamo fatto a raccogliere una somma per quei tempi così ingente? II Comitato non cessava di adoperarsi per ottenere offerte da tutti i benefattori, che erano numerosi, perché la costruzione della Casa di Riposo era diventata una passione generale. Fu organizzata la prima pesca di beneficenza per il ferragosto del 1946. Fruttò, a netto, L. 2.000.000, somma che coprì il debito per l'acquisto della villa e del suo parco. Eravamo orgogliosi. Si poteva incominciare, sia pure in maniera provvisoria ed incompleta, l'assistenza ai poveri anziani.
L'Arcidiacono illustrò a tutti la necessità di costruire a San Vito la Casa di Riposo. Fece presente che si era costituito, allo scopo, un Comitato provvisorio e che l'idea diffusa tra la popolazione aveva ottenuto largo consenso. Però al Comitato era sembrato giusto che dell'iniziativa ne fosse promotrice l'autorità civile, in quanto a nome del Comitato, era ben lieto di offrire all' Amministrazione Comunale l'opportunità di valutare la proposta. Assicurava la propria collaborazione e quella di tutti i componenti il Comitato per sostenerne la realizzazione. La discussione fu lunga e animata, ma la riunione si concluse con un nulla di fatto. Di fronte alle evidenti difficoltà che l'iniziativa presentava, il Sindaco ritenne di declinare la proposta in quanto I'Amministrazione Comunale non era in grado né aveva la volontà di assumere un impegno così rilevante. Vincendo il pessimismo che si era diffuso, Monsignore Arcidiacono disse che tutte le iniziative, anche le migliori, trovano difficoltà nella loro realizzazione, ma che noi cristiani confidiamo nell'indispensabile aiuto del Signore, senza del quale nulla di buono avremmo potuto fare e incoraggiava i membri del Comitato e tutti i volonterosi a riprendere, con rinnovato entusiasmo, le loro prestazioni per ottenere il desiderato risultato. E si incominciò a pensare in quale posizione doveva essere edificata la Casa di Riposo. Si presero contatti con i Conti Zoppola per avere da loro il terreno necessario allo scopo. Ma i pareri non erano unanimi. Nel frattempo il perito Piero Dean fece sapere che si prospettava pure una nuova soluzione. Si trattava della villa di Ilo Polo, trasferitosi a Padova con la famiglia, dove aveva notevoli e promettenti interessi. Di questa villa merita senz'altro che si dica qualche cosa, giacché, in origine, era proprietà del compianto Monsignore Gian Domenico Coccolo. Costui apparteneva alla ben nota famiglia Coccolo, esercitanti il commercio; di ottime qualità morali e di notevole intelligenza, ebbe la vocazione e fu ordinato Sacerdote. Ben presto si trasferì a Roma ed ebbe un ruolo notevole in attività particolarmente dirette all'assistenza degli emigranti. Di lui si parlava come di un probabile Vescovo, perché ne aveva tutte le doti. Invece fu colpito da una malattia incurabile che gli impedì di attendere alle sue attività consuete, costringendolo a trascorrere il suo tempo tra la poltrona ed il letto. Gli ultimi anni fu ospite nella sua villa di San Vito e qui si spense, suscitando largo cordoglio. Della sua villa, con circa 10.000 mq. di terreno adiacente, fece un lascito al Vescovo della Diocesi perché la potesse adibire a Casa del Clero invalido. È giusto ricordare che, tra il Clero Concordiese, esisteva la Società di Mutuo Soccorso, fondata nel 1903, e che nell'articolo primo dello Statuto contemplava la fondazione di una Casa di Riposo per il Clero. Forse i tempi non erano ancora maturi per una tale realizzazione, e il Vescovo alienò il lascito al prof. Masotti, Primario Chirurgo dell'Ospedale di San Vito. Dopo alcuni anni il prof. Masotti vinse un concorso a Roma e vi si trasferì con la famiglia e vendette la villa al sig. Ilo Polo. Con quest'ultimo il perito Piero Dean trattò l'acquisto, e l'affare, con generale soddisfazione del Comitato provvisorio, e dell'intera Comunità, venne concluso. Così la villa del compianto canonico Domenico Coccolo, diventava la sede della nostra Casa di Riposo. AI signor Ilo Polo dovemmo versare l'importo di Lire 2.000.000, dal quale egli defalcò la somma di Lire 100.000 in memoria del suo fratello Ario, fucilato dai tedeschi perché partigiano. E come abbiamo fatto a raccogliere una somma per quei tempi così ingente? II Comitato non cessava di adoperarsi per ottenere offerte da tutti i benefattori, che erano numerosi, perché la costruzione della Casa di Riposo era diventata una passione generale. Fu organizzata la prima pesca di beneficenza per il ferragosto del 1946. Fruttò, a netto, L. 2.000.000, somma che coprì il debito per l'acquisto della villa e del suo parco. Eravamo orgogliosi. Si poteva incominciare, sia pure in maniera provvisoria ed incompleta, l'assistenza ai poveri anziani.